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  1. 1

    المؤلفون: Costa, Massimiliano

  2. 2

    المؤلفون: Agnoletto, P

    المساهمون: Agnoletto, P

    مصطلحات موضوعية: Le tematiche ambientali sono emerse come uno degli elementi più rilevanti nella ricerca non solo delle scienze naturali e sociali, ma anche umanistiche (Roberts, Nye, 2017). Un apporto in questo ambito è stato dato da Ecocritical geopolitics (dell’Agnese, 2021), il quale teorizza una metodologia che possa unire gli strumenti delle popular geopolitics con quelli dell’ecocriticsm per lo studio dei discorsi ambientali presenti nei media. Nonostante vengano presi come fonti esemplificative il cinema, la letteratura, o il mondo della serialità, viene ipotizzato che ogni forma mediale potrebbe essere analizzata sotto le lenti di questa disciplina. In questo contesto, il presente contributo vuole ipotizzare come il cinema amatoriale, ossia l’ autoproduzione cinematografica privata, possa essere anch’esso una possibile fonte per la comprensione dei discorsi ambientali all’interno di una comunità, in un determinato momento storico e spazio geografico. La prima parte di questo lavoro vuole introdurre i film di famiglia come testi non-narrativi e non-strutturati, evidenziandone le problematicità metodologiche di un possibile approccio a questi materiali audiovisivi, nonché le possibili traiettorie di analisi, come l’aspetto del taken-for-granted. Ossia, tutti quei discorsi ambientali dati per scontati all’interno della società contemporanea alla realizzazione dei film che emergono nonostante non ci sia stata una esplicita volontà autoriale. Si declineranno quindi gli strumenti offerti dalle ecocritical geopolitics all’interno del cinema amatoriale. Nella seconda parte, si proporrà un esempio concreto di analisi qualitativa proponendo come tema il rapporto tra umani e animali-non-umani nell’incontro tra turisti e pescatori durante il Secondo Dopoguerra. Si faranno riflessioni sulle reazioni dei turisti e dei cineamatori di fronte all’uccisione di animali evidenziando come questo atto fosse dato per scontato, privo di conseguenze etiche. Le immagini sono il risultato di un lavoro di estrazione in corso (Zimmermann, 1995) realizzato presso l’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa a Ivrea, Cinescatti di Bergamo e SuperOttimisti di Torino, M-GGR/01 - GEOGRAFIA

  3. 3

    المؤلفون: SPOSITO, Cesare, SCALISI, Francesca

    المساهمون: SPOSITO, Cesare, SCALISI, Francesca

  4. 4

    المؤلفون: Cingolani, Sofia

    مصطلحات موضوعية: per alterne vicende, Il presente lavoro nasce con l’obiettivo primario dello studio organico del teatro romano della città di Pollentia-Urbs Salvia. Sebbene infatti sulla città e sui suoi principali monumenti esista un’ampia letteratura e rilevanti contributi recenti, ancora sostanzialmente inedito sin dalle prime indagini scientifiche condottevi a partire dalla metà del secolo scorso, rimaneva proprio l’edificio teatrale. Questo, quale monumento chiave nell’ambito dell’urbanistica della città tardo-repubblicana e augustea ed è oggetto infatti, nel corso degli anni, di brevi cenni e di contributi parziali ma mai esclusivi. Un nuovo rilievo del monumento ha consentito di chiarirne la genesi e l’esistenza di diverse fasi architettoniche giungendo alla precisazione cronologica di quattro diverse fasi edilizie. Una prima fase relativa all’impianto dell’edificio originario inquadrabile tra la fine dell’età tardo-repubblicana, contestualmente alla fondazione della colonia e il 23 d.C., anno entro il quale, come documentata dall’epigrafe di C. Fufius Geminus, il primo teatro dovette essere completato. Una seconda fase inquadrabile orientativamente tra l’età tiberiana e l’età claudia che, in concomitanza con la costruzione dell’imponente complesso del tempio-criptoportico - conclusione monumentale della risistemazione urbanistica della città avviatasi in età augustea -, vede il massiccio intervento di ampliamento strutturale e planimetrico dell’edificio, una terza ed ultima fase in età domizianea che, come documentato anche dall’epigrafe di C. Salvius Liberalis e C. Salvius Vitellianus, è contrassegnata da una serie di interventi di ornamento e restauro e, soprattutto, dalla costruzione del piazzale porticato restrospiciente l’edificio stesso. Sulla base dell’inquadramento cronologico di una parte delle sculture provenienti dal teatro a tale fase pare verosimile ipotizzare sia seguita, in età adrianea-antonina, un’ulteriore fase forse dedita all’abbellimento della ornamentazione dell’edificio. Con l’obiettivo di una comprensione organica del monumento si è infine proceduto all’esame dei materiali architettonici, scultorei ed epigrafici da esso provenienti. Il lavoro di raccolta e censimento svolto sui materiali provenienti dai vecchi scavi effettuati ha messo in evidenza la dispersione, per alterne vicende, di gran parte del materiale e l’inevitabile decontestualizzazione del restante e reso necessaria un’analisi di tipo essenzialmente archivistico e bibliografico, focalizzata soprattutto sul consistente apparato scultoreo ritenuto appartenente all’edificio, finalizzata ad istituire nuovamente la connessione tra contesto di provenienza e documentazione d’archivio. Sebbene solo in casi isolati, ed esclusivamente per le sculture, sia stato possibile giungere ad ipotizzare la collocazione precisa di taluni elementi nell’ambito dell’edificio stesso, l’indagine effettuata sugli elementi ornamentali ed epigrafici è risultata di fondamentale importanza per meglio definire e sostanziare le diverse fasi edilizie e di ristrutturazione individuate ed all’interno delle quali gli stessi materiali sembrano trovare oggi una più adeguata collocazione cronologica e stilistica, scultorei ed epigrafici da esso provenienti. Il lavoro di raccolta e censimento svolto sui materiali provenienti dai vecchi scavi effettuati ha messo in evidenza la dispersione, vede il massiccio intervento di ampliamento strutturale e planimetrico dell’edificio, è contrassegnata da una serie di interventi di ornamento e restauro e, ed esclusivamente per le sculture, l’indagine effettuata sugli elementi ornamentali ed epigrafici è risultata di fondamentale importanza per meglio definire e sostanziare le diverse fasi edilizie e di ristrutturazione individuate ed all’interno delle quali gli stessi materiali sembrano trovare oggi una più adeguata collocazione cronologica e stilistica, un’ulteriore fase forse dedita all’abbellimento della ornamentazione dell’edificio. Con l’obiettivo di una comprensione organica del monumento si è infine proceduto all’esame dei materiali architettonici, Il presente lavoro nasce con l’obiettivo primario dello studio organico del teatro romano della città di Pollentia-Urbs Salvia. Sebbene infatti sulla città e sui suoi principali monumenti esista un’ampia letteratura e rilevanti contributi recenti, ancora sostanzialmente inedito sin dalle prime indagini scientifiche condottevi a partire dalla metà del secolo scorso, il primo teatro dovette essere completato. Una seconda fase inquadrabile orientativamente tra l’età tiberiana e l’età claudia che, nel corso degli anni, anno entro il quale, di gran parte del materiale e l’inevitabile decontestualizzazione del restante e reso necessaria un’analisi di tipo essenzialmente archivistico e bibliografico, focalizzata soprattutto sul consistente apparato scultoreo ritenuto appartenente all’edificio, contestualmente alla fondazione della colonia e il 23 d.C, quale monumento chiave nell’ambito dell’urbanistica della città tardo-repubblicana e augustea ed è oggetto infatti, una terza ed ultima fase in età domizianea che, rimaneva proprio l’edificio teatrale. Questo, finalizzata ad istituire nuovamente la connessione tra contesto di provenienza e documentazione d’archivio. Sebbene solo in casi isolati, come documentata dall’epigrafe di C. Fufius Geminus, come documentato anche dall’epigrafe di C. Salvius Liberalis e C. Salvius Vitellianus, in età adrianea-antonina, sia stato possibile giungere ad ipotizzare la collocazione precisa di taluni elementi nell’ambito dell’edificio stesso, in concomitanza con la costruzione dell’imponente complesso del tempio-criptoportico - conclusione monumentale della risistemazione urbanistica della città avviatasi in età augustea, di brevi cenni e di contributi parziali ma mai esclusivi. Un nuovo rilievo del monumento ha consentito di chiarirne la genesi e l’esistenza di diverse fasi architettoniche giungendo alla precisazione cronologica di quattro diverse fasi edilizie. Una prima fase relativa all’impianto dell’edificio originario inquadrabile tra la fine dell’età tardo-repubblicana, soprattutto, dalla costruzione del piazzale porticato restrospiciente l’edificio stesso. Sulla base dell’inquadramento cronologico di una parte delle sculture provenienti dal teatro a tale fase pare verosimile ipotizzare sia seguita

  5. 5

    المؤلفون: Formiconi, Cristina

    مصطلحات موضوعية: volto ad aumentare la consapevolezza nelle persone con disabilità delle proprie abilità e risorse, il quale ha portato a un vero e proprio rovesciamento del termine disabilità dal negativo al positivo: non si parla più di impedimenti, garantendone lo sviluppo e il sostegno nei processi di scelta e di decisione con l’obiettivo di promuovere l’occupazione attiva, dell’Università di Macerata e dell’azienda Jobmetoo by Jobdisabili srl, Disability and Health (ICF), competenze, i dati di occupazione/disoccupazione delle persone con disabilità e gli strumenti di accompagnamento al lavoro. A fronte di dati mancanti sul territorio italiano relativi alla carriera e ai fabbisogni lavorativi degli/delle studenti/esse e laureati/e con disabilità, composto da una serie di questionari attraverso i quali il candidato è chiamato ad auto-valutare le proprie conoscenze, le pari opportunità e l’inclusione attiva. Per la realizzazione di tali obiettivi assume un’importanza centrale l’orientamento permanente: esso si esercita in forme e modalità diverse a seconda dei bisogni, il punto di partenza per la costruzione del percorso è stata l’Indagine Istat- Isfol sulle professioni (2012) e la teoria delle Intelligenze Multiple di H. Gardner (1983). Si è arrivati così alla strutturazione del percorso di auto-orientamento, ad esempio nell’area delle relazioni interpersonali, rispetto alle proprie abilità, nell’ultima fase della ricerca è stato predisposto uno studio pilota per la raccolta di alcuni primi dati qualitativi con target differenti, disabilità, agendo all’interno dell’area dello sviluppo prossimale della persona verso la realizzazione della propria identità personale, la crescita economica e l’inclusione sociale. Oggi giorno il frame work di riferimento concettuale nel campo della disabilità è l’International Classification of Functioning, e utilizzando diversi strumenti (autopresentazioni, l’orientamento assume il valore di un processo continuo e articolato, infatti, oltre che alle limitazioni imposte dalla propria disabilità? L’obiettivo è quello di sostenere i processi di auto-riflessione sulla propria identità e di valorizzare il ruolo attivo della persona stessa nella sua autodeterminazione, attraverso la ricerca bibliografica e sitografica su: l’orientamento, risorse, l’Italia è stata ripresa dalla Corte Europea per non rispettare i propri doveri relativamente al collocamento mirato delle persone con disabilità. Tra chi ha una disabilità, un una logica di autodeterminazione. OBIETTIVO: Sulla base del background e delle teorie di riferimento analizzate e delle necessità aziendali è stata elaborata la seguente domanda di ricerca: è possibile aumentare la consapevolezza negli/nelle studenti/esse e laureati/e con disabilità che si approcciano al mondo del lavoro, con la finalità ultima di aumentare e migliorare il match tra le persone con disabilità e le imprese. L’auto-riflessione permetterà di facilitare il successivo contatto dialogico con esperti di orientamento e costituirà una competenza che il soggetto porterà comunque come valore aggiunto nel mondo del lavoro. METODI E ATTIVITÀ: Il paradigma teorico-metodologico adottato è un approccio costruttivista: peculiarità di questo metodo è che ciascuna componente della ricerca può essere riconsiderata o modificata nel corso della sua conduzione o come conseguenza di cambiamenti introdotti in qualche altra componente e pertanto il processo è caratterizzato da circolarità, la disabilità non appare più come mera conseguenza delle condizioni fisiche dell’individuo, tale da permettere un ancoraggio alla realtà esterna, con punte dell’80% in Italia. L’attuale strategia europea sulla disabilità 2010-2020 pone come obiettivi fondamentali la lotta alla discriminazione, relativa al monitoraggio di carriera degli studenti/laureati con disabilità e all’individuazione dei bisogni connessi al mondo del lavoro. Per la raccolta dati è stato sviluppato un questionario ed è stata richiesta la collaborazione a tutte le Università italiane. Sulla base dei dati ricavati dal questionario, che va supportato nel trovare la massima possibilità di manifestarsi e realizzarsi. Ciò vale ancora di più per le persone con disabilità, agenzia per il lavoro esclusivamente focalizzata sui lavoratori con disabilità o appartenenti alle categorie protette. Se trovare lavoro è già difficile per molti, le competenze, hanno evidenziato come il percorso di auto-orientamento attivi una riflessione sulla visione di sé nei diversi contesti e un cambiamento, seppur non generalizzabili, in quanto risultano fondamentali tutte quelle azioni che consentono loro di raggiungere una consapevolezza delle proprie capacità/abilità accanto al riconoscimento delle caratteristiche della propria disabilità. L’orientamento assume così un valore permanente nella vita di ogni persona, la normativa vigente in tema di disabilità, nella prima fase del progetto di ricerca è stata avviata una raccolta dati su scala nazionale, in quanto provenienti da un campione esiguo, studenti/esse universitari/e e insegnanti di scuola superiore impegnati nel tema del sostegno e dell’orientamento, per chi ha una disabilità diventa un percorso pieno di ostacoli. Nonostante, handicap, affiancando a questa prima fase di autovalutazione un successivo confronto dialogico con un esperto, INTRODUZIONE: Il presente progetto di ricerca nasce all’interno di un Dottorato Eureka, focus group). CONCLUSIONI: I dati ottenuti dallo studio pilota, dell’emotività ecc. Tali dati ci hanno permesso soprattutto di evidenziare punti di forza e debolezza del percorso creato e di apportare modifiche per una maggiore comprensione e adattabilità del prodotto stesso. Il valore del percorso orientativo è connesso al ruolo attivo di auto-valutatore giocato dal candidato con disabilità, ma di funzioni, la legge 68/99 abbia una visione tra le più avanzate in Europa, quindi, aggiungendo a questi anche una parte più narrativa dove il soggetto è invitato a raccontare i propri punti di forza, nell’autostima e nella valutazione di sé in diverse aree, dei contesti e delle situazioni. La centralità di tutti gli interventi orientativi è il riconoscimento della capacità di autodeterminazione dell’essere umano, la disoccupazione è fra il 50% e il 70% in Europa, test multidimensionale autostima, sociale e professionale, le condizioni di lavoro che gli richiedono più o meno sforzo e le intelligenze che lo caratterizzano, accanto a quella dei propri limiti. In particolare, nella fase successiva della ricerca si è proceduto alla strutturazione di un percorso di auto-orientamento, del vissuto corporeo, di agire di conseguenza in funzione del proprio benessere e della qualità della propria vita, della letteratura e delle indagini esistenti sulle professioni, in positivo o in negativo, debolezza e le proprie aspirazioni in ambito professionale. Per sperimentare il percorso di auto-orientamento creato, sviluppato grazie al contributo della Regione Marche, ma scaturisce dalla relazione fra l’individuo e le condizioni del mondo esterno. In termini di progetto di vita la sfida della persona con disabilità è quella di poter essere messa nelle condizioni di sperimentarsi come attore della propria esistenza, la metodologia e gli strumenti non sono dunque assoggettati alla ricerca ma sono al servizio degli obiettivi di questa. Il primo passo del progetto di ricerca è stato quello di ricostruzione dello stato dell’arte, che ha come scopo principale quello di sostenere la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità, strutture e attività. In quest’ottica, raccogliendo dati, al contesto in cui il soggetto si trova a vivere. In questo senso, INTRODUZIONE: Il presente progetto di ricerca nasce all’interno di un Dottorato Eureka, sviluppato grazie al contributo della Regione Marche, dell’Università di Macerata e dell’azienda Jobmetoo by Jobdisabili srl, agenzia per il lavoro esclusivamente focalizzata sui lavoratori con disabilità o appartenenti alle categorie protette. Se trovare lavoro è già difficile per molti, per chi ha una disabilità diventa un percorso pieno di ostacoli. Nonostante, infatti, la legge 68/99 abbia una visione tra le più avanzate in Europa, l’Italia è stata ripresa dalla Corte Europea per non rispettare i propri doveri relativamente al collocamento mirato delle persone con disabilità. Tra chi ha una disabilità, la disoccupazione è fra il 50% e il 70% in Europa, con punte dell’80% in Italia. L’attuale strategia europea sulla disabilità 2010-2020 pone come obiettivi fondamentali la lotta alla discriminazione, le pari opportunità e l’inclusione attiva. Per la realizzazione di tali obiettivi assume un’importanza centrale l’orientamento permanente: esso si esercita in forme e modalità diverse a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni. La centralità di tutti gli interventi orientativi è il riconoscimento della capacità di autodeterminazione dell’essere umano, che va supportato nel trovare la massima possibilità di manifestarsi e realizzarsi. Ciò vale ancora di più per le persone con disabilità, in quanto risultano fondamentali tutte quelle azioni che consentono loro di raggiungere una consapevolezza delle proprie capacità/abilità accanto al riconoscimento delle caratteristiche della propria disabilità. L’orientamento assume così un valore permanente nella vita di ogni persona, garantendone lo sviluppo e il sostegno nei processi di scelta e di decisione con l’obiettivo di promuovere l’occupazione attiva, la crescita economica e l’inclusione sociale. Oggi giorno il frame work di riferimento concettuale nel campo della disabilità è l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), il quale ha portato a un vero e proprio rovesciamento del termine disabilità dal negativo al positivo: non si parla più di impedimenti, disabilità, handicap, ma di funzioni, strutture e attività. In quest’ottica, la disabilità non appare più come mera conseguenza delle condizioni fisiche dell’individuo, ma scaturisce dalla relazione fra l’individuo e le condizioni del mondo esterno. In termini di progetto di vita la sfida della persona con disabilità è quella di poter essere messa nelle condizioni di sperimentarsi come attore della propria esistenza, con il diritto di poter decidere e, quindi, di agire di conseguenza in funzione del proprio benessere e della qualità della propria vita, un una logica di autodeterminazione. OBIETTIVO: Sulla base del background e delle teorie di riferimento analizzate e delle necessità aziendali è stata elaborata la seguente domanda di ricerca: è possibile aumentare la consapevolezza negli/nelle studenti/esse e laureati/e con disabilità che si approcciano al mondo del lavoro, rispetto alle proprie abilità, competenze, risorse, oltre che alle limitazioni imposte dalla propria disabilità? L’obiettivo è quello di sostenere i processi di auto-riflessione sulla propria identità e di valorizzare il ruolo attivo della persona stessa nella sua autodeterminazione, con la finalità ultima di aumentare e migliorare il match tra le persone con disabilità e le imprese. L’auto-riflessione permetterà di facilitare il successivo contatto dialogico con esperti di orientamento e costituirà una competenza che il soggetto porterà comunque come valore aggiunto nel mondo del lavoro. METODI E ATTIVITÀ: Il paradigma teorico-metodologico adottato è un approccio costruttivista: peculiarità di questo metodo è che ciascuna componente della ricerca può essere riconsiderata o modificata nel corso della sua conduzione o come conseguenza di cambiamenti introdotti in qualche altra componente e pertanto il processo è caratterizzato da circolarità, la metodologia e gli strumenti non sono dunque assoggettati alla ricerca ma sono al servizio degli obiettivi di questa. Il primo passo del progetto di ricerca è stato quello di ricostruzione dello stato dell’arte, raccogliendo dati, attraverso la ricerca bibliografica e sitografica su: l’orientamento, la normativa vigente in tema di disabilità, i dati di occupazione/disoccupazione delle persone con disabilità e gli strumenti di accompagnamento al lavoro. A fronte di dati mancanti sul territorio italiano relativi alla carriera e ai fabbisogni lavorativi degli/delle studenti/esse e laureati/e con disabilità, nella prima fase del progetto di ricerca è stata avviata una raccolta dati su scala nazionale, relativa al monitoraggio di carriera degli studenti/laureati con disabilità e all’individuazione dei bisogni connessi al mondo del lavoro. Per la raccolta dati è stato sviluppato un questionario ed è stata richiesta la collaborazione a tutte le Università italiane. Sulla base dei dati ricavati dal questionario, della letteratura e delle indagini esistenti sulle professioni, nella fase successiva della ricerca si è proceduto alla strutturazione di un percorso di auto-orientamento, volto ad aumentare la consapevolezza nelle persone con disabilità delle proprie abilità e risorse, accanto a quella dei propri limiti. In particolare, il punto di partenza per la costruzione del percorso è stata l’Indagine Istat- Isfol sulle professioni (2012) e la teoria delle Intelligenze Multiple di H. Gardner (1983). Si è arrivati così alla strutturazione del percorso di auto-orientamento, composto da una serie di questionari attraverso i quali il candidato è chiamato ad auto-valutare le proprie conoscenze, le competenze, le condizioni di lavoro che gli richiedono più o meno sforzo e le intelligenze che lo caratterizzano, aggiungendo a questi anche una parte più narrativa dove il soggetto è invitato a raccontare i propri punti di forza, debolezza e le proprie aspirazioni in ambito professionale. Per sperimentare il percorso di auto-orientamento creato, nell’ultima fase della ricerca è stato predisposto uno studio pilota per la raccolta di alcuni primi dati qualitativi con target differenti, studenti/esse universitari/e e insegnanti di scuola superiore impegnati nel tema del sostegno e dell’orientamento, e utilizzando diversi strumenti (autopresentazioni, test multidimensionale autostima, focus group). CONCLUSIONI: I dati ottenuti dallo studio pilota, seppur non generalizzabili, in quanto provenienti da un campione esiguo, hanno evidenziato come il percorso di auto-orientamento attivi una riflessione sulla visione di sé nei diversi contesti e un cambiamento, in positivo o in negativo, nell’autostima e nella valutazione di sé in diverse aree, ad esempio nell’area delle relazioni interpersonali, del vissuto corporeo, dell’emotività ecc. Tali dati ci hanno permesso soprattutto di evidenziare punti di forza e debolezza del percorso creato e di apportare modifiche per una maggiore comprensione e adattabilità del prodotto stesso. Il valore del percorso orientativo è connesso al ruolo attivo di auto-valutatore giocato dal candidato con disabilità, affiancando a questa prima fase di autovalutazione un successivo confronto dialogico con un esperto, tale da permettere un ancoraggio alla realtà esterna, al contesto in cui il soggetto si trova a vivere. In questo senso, l’orientamento assume il valore di un processo continuo e articolato, che ha come scopo principale quello di sostenere la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità, agendo all’interno dell’area dello sviluppo prossimale della persona verso la realizzazione della propria identità personale, sociale e professionale, con il diritto di poter decidere e

  6. 6

    المؤلفون: Sbrana, Alessandro

    مصطلحات موضوعية: di gentiliana memoria, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, condotto e supportato, il secondo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, valutazione, controlli, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, da un approccio problem-making a uno problem-solving, l mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi, dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994), il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento, i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016), il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese, 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, il terzo, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), dalla ricerca pura a quella applicata, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, valutato, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese, 1994), per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, le attese e le responsabilità istituzionali, l mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, analizzandone la struttura organizzativa, valutative e documentali, frontali o laboratoriali, 2016), la crescente complessità degli ambienti accademici, il cambiamento del ruolo dello studente, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione

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    المؤلفون: Guidi, Arianna

    مصطلحات موضوعية: secondariamente, all’interno del secondo capitolo si è scelto di riflettere sulle questioni maggiormente rilevanti e problematiche attinenti ai reati a concorso necessario impropri: in primis, primo fra tutti quello del concorso eventuale di persone nel reato. Dopodiché, la possibilità di punire o meno la condotta tipica, bensì di spostarla anche sul soggetto non punibile, se possano o meno essere qualificati come fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive improprie. Il confronto con la parte speciale ha permesso di evidenziare l’estrema delicatezza dell’operazione d’individuazione di fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive (in senso lato): anzitutto, Oggetto del presente lavoro è stata la tematica dei reati a concorso necessario (detti anche plurisoggettivi): una categoria penalistica scarsamente presa in considerazione da parte della dottrina e giurisprudenza più recenti, eppure dai risvolti sistematici di un certo rilievo, in quanto coinvolge profili sia di parte generale che speciale del diritto penale. L’indagine è partita dal piano definitorio e classificatorio: sono state riportate dettagliatamente le diverse tesi dottrinali sviluppatesi sul tema (suddivisibili in due macrocategorie, quella dei sostenitori di una concezione ampia di reato a concorso necessario e quella dei sostenitori di una concezione ristretta dello stesso), nonché le pronunce della Cassazione ritenute maggiormente significative. Un’attenzione particolare è stata dedicata alla delimitazione – in negativo – del campo d’indagine, tracciando le differenze intercorrenti fra i reati a concorso necessario (o plurisoggettivi, a seconda della terminologia impiegata) ed istituti ritenuti erroneamente contigui, primo fra tutti quello del concorso eventuale di persone nel reato. Dopodiché, all’interno del secondo capitolo si è scelto di riflettere sulle questioni maggiormente rilevanti e problematiche attinenti ai reati a concorso necessario impropri: in primis, la ratio che giustifica l’esenzione dalla pena in capo ad un soggetto, secondariamente, la possibilità di punire o meno la condotta tipica, nonché le eventuali condotte atipiche, poste in essere dal soggetto non punibile per mezzo dell’applicazione degli artt. 110 ss. c.p. in funzione incriminatrice. La panoramica di orientamenti dottrinali e giurisprudenziali quanto mai oscillanti e fra loro divergenti su questioni di particolare importanza, non è stata solo funzionale ad offrire al lettore una dettagliata ricognizione in generale, piuttosto, da questa è scaturita una vera e propria esigenza di (ri)considerare l’intera materia in modo organico e chiarificatore. Per tale ragione, nel terzo capitolo è stata introdotta una nuova definizione, in sostituzione a quella maggiormente impiegata da dottrina e giurisprudenza: “fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive”. Una definizione idonea a ricomprendere tutti quegli illeciti penali che, a livello astratto, presentano caratteristiche simili: il riscontro di una pluralità di soggetti e di condotte quali elementi costitutivi del fatto tipico. Pertanto, si è cercato di individuare i confini della categoria assumendo quale criterio di partenza il piano normativo astratto, in considerazione del fatto che ciò che il legislatore ha scelto di codificare come tipo criminoso è dato dall’insieme degli elementi oggettivi e soggettivi, i quali compaiono nella descrizione della norma incriminatrice. La visione d’insieme ha permesso di non limitare l’attenzione al solo soggetto punibile, bensì di spostarla anche sul soggetto non punibile, il quale, con la sua condotta rientrante fra gli elementi oggettivi del fatto tipico, contribuisce alla configurabilità del reato. Infine, all’interno del quarto capitolo si è proceduto all’analisi dei principali reati classificati da parte della dottrina come a concorso necessario impropri, per verificare, tenuto conto della nuova definizione proposta, se possano o meno essere qualificati come fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive improprie. Il confronto con la parte speciale ha permesso di evidenziare l’estrema delicatezza dell’operazione d’individuazione di fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive (in senso lato): anzitutto, perché non sempre la pluralità di soggetti e di condotte costitutive del fatto tipico è oggetto di descrizione espressa, risultando alle volte ricavabile solo a seguito di un attento esame della tipologia e del significato delle parole impiegate dal legislatore, secondariamente, perché alle volte è facile lasciarsi confondere dal piano naturalistico della realtà concreta, mentre l’individuazione di una fattispecie incriminatrice in termini di plurisoggettività normativa dovrebbe avvenire, secondo l’impostazione adottata, a partire dal piano normativo astratto. Da ultimo, ci si è soffermati sul ruolo del soggetto non punibile che tenga rispettivamente la condotta tipica o una condotta ulteriore e diversa da quella descritta, cercando di offrire una possibile soluzione al problema. Nel primo caso, si è concluso per l’impossibilità di applicare l’art. 110 c.p. in funzione incriminatrice, pena la violazione delle garanzie proprie del sistema penalistico. Nel secondo, invece, si è concluso in senso affermativo, precisando che l’interprete è tenuto a prestare attenzione a diversi aspetti, fra cui il tipo d’equilibrio intercorrente fra le condotte dei soggetti parte della fattispecie incriminatrice normativamente plurisoggettiva impropria, nonché l’alterità effettiva della condotta atipica rispetto a quella descritta, pena la violazione dei principi di legalità, tipicità e certezza del diritto, tracciando le differenze intercorrenti fra i reati a concorso necessario (o plurisoggettivi, tenuto conto della nuova definizione proposta, poste in essere dal soggetto non punibile per mezzo dell’applicazione degli artt. 110 ss. c.p. in funzione incriminatrice. La panoramica di orientamenti dottrinali e giurisprudenziali quanto mai oscillanti e fra loro divergenti su questioni di particolare importanza, perché alle volte è facile lasciarsi confondere dal piano naturalistico della realtà concreta, non è stata solo funzionale ad offrire al lettore una dettagliata ricognizione in generale, in quanto coinvolge profili sia di parte generale che speciale del diritto penale. L’indagine è partita dal piano definitorio e classificatorio: sono state riportate dettagliatamente le diverse tesi dottrinali sviluppatesi sul tema (suddivisibili in due macrocategorie, all’interno del quarto capitolo si è proceduto all’analisi dei principali reati classificati da parte della dottrina come a concorso necessario impropri, nonché l’alterità effettiva della condotta atipica rispetto a quella descritta, la ratio che giustifica l’esenzione dalla pena in capo ad un soggetto, a partire dal piano normativo astratto. Da ultimo, precisando che l’interprete è tenuto a prestare attenzione a diversi aspetti, pena la violazione dei principi di legalità, nel terzo capitolo è stata introdotta una nuova definizione, cercando di offrire una possibile soluzione al problema. Nel primo caso, da questa è scaturita una vera e propria esigenza di (ri)considerare l’intera materia in modo organico e chiarificatore. Per tale ragione, a seconda della terminologia impiegata) ed istituti ritenuti erroneamente contigui, piuttosto, secondo l’impostazione adottata, presentano caratteristiche simili: il riscontro di una pluralità di soggetti e di condotte quali elementi costitutivi del fatto tipico. Pertanto, mentre l’individuazione di una fattispecie incriminatrice in termini di plurisoggettività normativa dovrebbe avvenire, si è concluso per l’impossibilità di applicare l’art. 110 c.p. in funzione incriminatrice, tipicità e certezza del diritto, in considerazione del fatto che ciò che il legislatore ha scelto di codificare come tipo criminoso è dato dall’insieme degli elementi oggettivi e soggettivi, in sostituzione a quella maggiormente impiegata da dottrina e giurisprudenza: “fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive”. Una definizione idonea a ricomprendere tutti quegli illeciti penali che, perché non sempre la pluralità di soggetti e di condotte costitutive del fatto tipico è oggetto di descrizione espressa, ci si è soffermati sul ruolo del soggetto non punibile che tenga rispettivamente la condotta tipica o una condotta ulteriore e diversa da quella descritta, si è cercato di individuare i confini della categoria assumendo quale criterio di partenza il piano normativo astratto, a livello astratto, con la sua condotta rientrante fra gli elementi oggettivi del fatto tipico, nonché le pronunce della Cassazione ritenute maggiormente significative. Un’attenzione particolare è stata dedicata alla delimitazione – in negativo – del campo d’indagine, si è concluso in senso affermativo, quella dei sostenitori di una concezione ampia di reato a concorso necessario e quella dei sostenitori di una concezione ristretta dello stesso), Oggetto del presente lavoro è stata la tematica dei reati a concorso necessario (detti anche plurisoggettivi): una categoria penalistica scarsamente presa in considerazione da parte della dottrina e giurisprudenza più recenti, il quale, risultando alle volte ricavabile solo a seguito di un attento esame della tipologia e del significato delle parole impiegate dal legislatore, nonché le eventuali condotte atipiche, per verificare, invece, i quali compaiono nella descrizione della norma incriminatrice. La visione d’insieme ha permesso di non limitare l’attenzione al solo soggetto punibile, pena la violazione delle garanzie proprie del sistema penalistico. Nel secondo, eppure dai risvolti sistematici di un certo rilievo, contribuisce alla configurabilità del reato. Infine, fra cui il tipo d’equilibrio intercorrente fra le condotte dei soggetti parte della fattispecie incriminatrice normativamente plurisoggettiva impropria

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    المؤلفون: Corasaniti, Giuseppe

    مصطلحات موضوعية: ai fini della determinazione della base imponibile Irap, La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ritenuto incompatibile con l’art. 4 della Direttiva madre – figlia due norme fiscali nazionali (francese e belga) poiché comportavano una doppia imposizione degli utili ricevuti dalle società madri da parte di società figlie non residenti. Dopo aver analizzato il percorso argomentativo seguito dalla Corte in entrambe le pronunce, l’analisi si concentrerà sull’impatto che tali sentenze potrebbero avere sul regime fiscale italiano. In particolare, si cercherà di valutare la compatibilità dell’art. 6, d.lgs. n. 446 del 1997 - il quale prevede, per le banche e gli altri enti e società finanziari indicati nell’articolo 1, d.lgs. n. 87 del 1992, che, ai fini della determinazione della base imponibile Irap, vadano inclusi i dividendi da questi percepiti in ragione del 50% del loro ammontare – con il diritto euro-unitario. Difatti, secondo la regula iuris stabilita dalla Corte di Giustizia nelle sentenze in commento, tale modalità di determinazione del valore della produzione netta ai fini Irap potrebbe essere ritenuta incompatibile con la Direttiva madre – figlia in quanto determina un’imposizione sui dividendi vietata dall’art. 4 di tale Direttiva, che, secondo la regula iuris stabilita dalla Corte di Giustizia nelle sentenze in commento, si cercherà di valutare la compatibilità dell’art. 6, vadano inclusi i dividendi da questi percepiti in ragione del 50% del loro ammontare – con il diritto euro-unitario. Difatti, d.lgs. n. 87 del 1992, La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha ritenuto incompatibile con l’art. 4 della Direttiva madre – figlia due norme fiscali nazionali (francese e belga) poiché comportavano una doppia imposizione degli utili ricevuti dalle società madri da parte di società figlie non residenti. Dopo aver analizzato il percorso argomentativo seguito dalla Corte in entrambe le pronunce, tale modalità di determinazione del valore della produzione netta ai fini Irap potrebbe essere ritenuta incompatibile con la Direttiva madre – figlia in quanto determina un’imposizione sui dividendi vietata dall’art. 4 di tale Direttiva, d.lgs. n. 446 del 1997 - il quale prevede, per le banche e gli altri enti e società finanziari indicati nell’articolo 1, l’analisi si concentrerà sull’impatto che tali sentenze potrebbero avere sul regime fiscale italiano. In particolare

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