La Corte di Cassazione valorizza spesso la “capacità contributiva” come strumento ermeneutico nella soluzione di controversie e nell’enunciazione dei principi di diritto. Il principio di capacità contributiva è così ad esempio richiamato, a favore del contribuente, per superare preclusioni procedimentali onde evitare tassazioni non conformi al presupposto di fatto, oppure per limitare l’accesso a forme di definizione agevolata (in tal caso a rilevare è il principio di uguaglianza tributaria). Notevole è poi il richiamo dell’art. 53 Cost. al fine di salvaguardare la coerenza interna nella disciplina dei tributi, o per fondare un principio antiabuso non scritto. Emerge da ultimo una tendenza, sempre mediata dal richiamo agli artt. 3 e 53 della Costitzione, a privilegiare interpretazioni improntate alla “prevalenza della sostanza sulla forma” e alla tassazione di risultati economici equipollenti a quelli indicati come tassabili, rispetto alle quali va segnalato il rischio di un indebito ruolo di supplenza della funzione giurisprudenziale rispetto a scelte che competono soltanto al legislatore.